Brera lezione 3
Duplicità dello sguardo.
“Tutto ciò che è reale passa attraverso i sensi. Ma ciò che occhio e orecchio percepiscono, questo è in sé spirituale, se è il giusto sguardo a vederlo.”
Leonardo da Vinci
Nella precedente lezione, occhio e orecchio sono gli organi di senso che abbiamo coinvolto parlando della fotografia di Friedlander, Peter Exline, Spokane, Washington, 1970. Avevamo anche parlato dell’incrocio continuo di sguardi fra il fotografo e i protagonisti dell’immagine in questione e noi osservatori, che guardando ogni volta quell’immagine, rinnoviamo l’incrocio fra il nostro sguardo con gli sguardi in macchina dei soggetti a suo tempo fotografati.
La parola sguardo, sul dizionario, ha una duplice definizione, ossia la direzione o l’espressione dell’atto visivo. Pertanto, nell’accezione di direzione, si rimanda alla mappa, quindi ad un esterno codificato e misurabile. Riferito all’atto di guardare, si possono usare varie espressioni tipo: guarda là! Oppure: dai uno sguardo al paesaggio! (mi piace l’uso del verbo “dare”, come se potessimo donare uno sguardo al paesaggio meritevole di questo dono). Mentre nel significato di espressione potremmo definire ad esempio: uno sguardo pieno d’odio, indicando uno stato emotivo interiore. Siamo continuamente sottoposti e sottoponiamo gli altri a sguardi direzionali ed emotivi. Poi, allo sguardo, segue il giudizio (è vasto! Saranno 100 metri! È bello! Mi fa orrore!). Dobbiamo imparare a sostenere lo sguardo ogni giorno, infatti, guardarsi negli occhi è prova di sincerità e fermezza, contrariamente è manifesto imbarazzo.
Lo sguardo ha in sé questa doppia potenzialità verso l’esterno “da noi” e verso l’interno “di noi”. Lo strumento occhio, tramite dello sguardo, sia dello sguardo di natura ottica che emotiva e del sentire espressivo, è il guardiano di questa linea di confine. Esiste ancora una linea di demarcazione, non netta, una sfumatura di passaggio fra stati differenti, così come avevamo interpretato il bordo, l’elemento di dialogo fra il dentro dell’inquadratura fotografica e il fuori della realtà. Appurato che non esiste specularità, perchè la fotografia non è un doppio speculare della realtà, come il volto e il corpo umano non sono la risultante di due metà fra loro simmetriche, una parte destra simile alla sinistra o viceversa, potremmo così intendere la simmetria: un’invenzione simbolica al pari della prospettiva.
Considerando anche il rapporto fra sguardo dell’autore, direzionale verso il soggetto fotografato (ma perché no, anche emotivo) e lo sguardo emotivo del soggetto fotografato nei confronti di chi lo sta fotografando (ma perché no, anche direzionale), vi invito a osservare queste fotografie.
L’inquietudine di questi volti (l’azzardo di affiancare una mia immagine a quelle di Evans e Nadar è unicamente per stimolare la questione) sembra confermare la tesi di cui sopra. Questi volti non sono la sommatoria simmetrica di due metà, tutt’altro. L’espressività delle due metà sono quasi agli opposti l’una rispetto l’altra, quindi i volti rappresentati sono la somma (o l’equilibrio?) di due contrapposizioni di sguardi. Ma come: Emotivi? Direzionali? Entrambi? E verso chi? Verso il fotografo o verso se stessi? (l’immagine di Evans è un autoritratto, tanto per complicare le cose), oppure verso di noi che guardiamo queste immagini, quindi verso una direzione anche nel tempo.
Qualcuno ha in mente qualche altro esempio?
La considerazione finale è questa (ma aperta a tante altre considerazioni): vi esorto a produrre immagini dove l’equilibrio non è piattezza, ma sospensione e tensione fra gli elementi che la compongono, anche quando pensate che il soggetto che state indagando non sembri avere elementi in tensione fra loro, ad esempio, un volto che vi sta guardando.
La prossima volta proveremo a parlare dello sguardo nel vuoto, a quel momento dello sguardo in cui ci si perde e al soggetto guardato sopravviene e si sovrappone un pensiero, un’immaginazione. E’ il momento dell’incanto.
© Walker Evans, Self-portrait, 1929
© Marco Signorini, Senza titolo, 2001
© Nadar, Ritratto della moglie, 1890