Una storia di quotidiana follia e straordinaria umanità, in cui si cerca di riavere vicina una persona attraverso la musica e le parole:
l’arte è un gran bel modo di piangere qualcuno.
Scrivere questo extract su Moira Ricci è stato complicatissimo. Non per il testo in sé, ma per tutte le traversie che abbiamo dovuto affrontare per incontrarci.
Come immaginavo, ho avuto la conferma che non mi piace avere colloqui virtuali, perché il contatto e l’interazione diretta con l’artista di cui scrivi è, per me, fondamentale.
Nonostante questo, è stato divertente trovare dentro lo schermo questa persona, il cui incontro ho tanto aspettato. Certo, non posso proprio dire d’averla vista, perché una strana luce abbagliante è stata appoggiata sul suo volto durante tutta la conversazione, facendomi parlare con due grandi occhioni celesti, gli unici ad essersi rivelati distintamente.
Ci sono artisti che conosci di persona, senza avere visto nulla prodotto da loro, altri di cui invece incontri prima il lavoro.
Di tutti questi lavori, ce ne sono alcuni che sai fanno parte di te, perché appaiono come dejavu di emozioni sopite. Questo è accaduto a me, con il lavoro di Moira. Indubbiamente non sono l’unica, perché la serie fotografica “20.12.53 – 10.08.04” dedicata a sua madre deve avere emozionato migliaia d’altri. Vero è che fra queste migliaia figuro anche io. Può essere che sia, come dice Moira, perché la morte è qualcosa di universale, oppure perché il folle desiderio di ricongiungersi con chi non c’è più -o non c’è mai stato- è forse una delle emozioni più strazianti e pure che possono colpirci: un delirio d’amore.
Anche io tante volte ho sognato di poter entrare nelle fotografie.
Mai ho però pensato di poter entrare nell’immagine per suggerire a chi l’abita per l’eterno di comportarsi diversamente, per preservare dalla catastrofe, o anche solo dal destino.
E’ una cosa così bella.
“ … la mia pazzia di quel momento era di andare dentro a quelle foto per dirle, nel passato, quello che le sarebbe successo, così almeno l’avrei potuta salvare, sarebbe stata attenta a non cadere e non sbattere la testa”
Guardo queste immagini, ed è curioso perché Moira mi pare vicina a sua madre nella storia infinita della pellicola come fosse l’angelo custode della sua eternità.
Quando dice che questo lavoro è suo e di sua madre, anzi, di sua madre e suo, nel senso che è stata proprio la madre a realizzarlo e non solo ad ispirarlo, io ci credo.
Ci credo veramente.
Questa signora che amava tanto viaggiare, ma che di viaggi in vita sua ne aveva fatti così pochi, ora si muove, tramite immagine, continuamente, animando lo sguardo di chi incontra. I grandi lavori dei giovani artisti possono diventare trappole: etichette, ma anche delle aspettative cui bisogna attenersi, replicando sempre la stessa intensità. Succede così per questa serie, tanto delicata da obnubilare un percorso successivo altrettanto interessante.
Fra i vari lavori, ho amato particolarmente il video “Ora sento la musica chiudo gli occhi, sono ritmo, in un lampo fa presa nel mio cuore”
di cui mi è piaciuta tanto la genesi.
Quando Moira vinse un residenza a New York, spese più tempo nelle sale da ballo che nella produzione di opere. Seguendo il desiderio di sua madre, che l’avrebbe voluta ballerina, andava tutte le sere a ballare. Nasce così questo video del 2007, che scorre sulla colonna sonora di Flash Dance: il sogno di una madre che avrebbe voluto vedere la sua bambina ballare tutta la vita, diventa il sogno in cui ci riconosciamo tutti: essere luminosi al meglio delle nostre potenzialità.
Oggi, per la sua imminente personale, sta trasformando una mietitrebbia in un’astronave, come simbolo della rassegnazione di qualcosa che è perduto, ma che rimane essenza dei e nei nostri ricordi. Come reperti di cui non sappiamo la funzione originaria, nello spazio mente di questa artista gli attrezzi agricoli diventeranno un giorno criptici come navicelle aliene, popolando e suggestionando il nostro immaginario.
“… i contadini parlano più spesso con il cielo che con le persone”
Claudia Santeroni
Moira Ricci | Dove il cielo è più vicino
15.11.2014 – 28.02.2015
Spazio Performatico ed Espositivo Dello Scompiglio
Lucca
Per le immagini © Moira Ricci
20.12.53-10.08.04 (mamma innaffia /mum hosing down), 2004/2014, lambda print on aluminum, 20×30 cm
Ora sento la musica chiudo gli occhi, sono ritmo, in un lampo fa presa nel mio cuore, 2007, video still, VHS, 5″.
Dove il cielo è più vicino, 2014, video still, HD